L'ultima di Reichlin

Pochi giorni prima di morire Alfredo Reichlin ha pubblicato un articolo sull'Unità del 14 marzo; in pratica il suo testamento politico.
Si tratta di un testo impegnativo, molto più di un semplice articolo di giornale, un testo da dirigente politico, che fa il quadro storico, individua punti critici e responsabilità, avanza proposte.
Un esempio di vecchia, grande scuola PCI.

Inizia chiedendo alla sinistra e all'"intero campo democratico" un netto "cambio di passo". 
Così individua il vizio d'origine nel discorso di Veltroni al Lingotto del 2007: "ci allineammo al liberismo allora imperante senza prevedere la grande crisi catastrofica mondiale iniziata solo qualche mese dopo".
Un vizio di fondo, un asincrono con la situazione mondiale, con il proprio tempo, che ha segnato le strategie della sinistra moderata come radicale appunto nell'ultimo decennio.
Reichlin invitava ad una politica che, fuori dei "giochi di potere", tornasse ad affrontare la "cruda realtà delle ingiustizie sociali" e quindi a "garantire diritti" e "vigilare sul mercato affinché non prevalga la legge del più forte".
Anche quanto alle "grandi riforme" esse non possono essere esercizi di architettura istituzionale o elettorale, nei punti alti della storia dell Repubblica le forze politiche seppero tenere insieme Costituzione e riforma agraria, istituzioni e Mezzogiorno; il vecchio dirigente comunista ebbe infatti chiaro fino all'ultimo che "crisi sociale e crisi democratica si alimentano a vicenda e sono le fratture profonde della società italiana a delegittimare le istituzioni rappresentative".
La prima "grande riforma" deve sempre essere la lotta alle ingiustizie sociali e politiche.
Eccola dunque la mission per il "cambio di passo": "un nuovo equilibrio tra costituzione e popolo, tra etica ed economia, tra capacità diffuse e competitività del sistema".
Reichlin concludeva in modo stringente, auspicando "la costruzione di una soggettività politica" capace di declinare in termini nuovi il nesso fra società e democrazia, dando un senso aggiornato alla "Repubblica fondata sul lavoro". Di qui la "solidarietà" ai "vecchi compagni", segnatamente a chi "ha deciso di uscire dal PD" per avviare un "percorso nuovo". 

Commenti

Post popolari in questo blog

Malinconia di sinistra. Riflessioni sulle elezioni del 4 marzo

Bettini e l'autocritica

Rossanda e la crisi